La chiesa di Sant'Antimo e Castelnuovo dell'Abate

L’Abbazia di Sant’Antimo a Montalcino: un luogo di spiritualità dalla storia antichissima

Chiesa dell'abbazia
Chiesa dell’abbazia

Arrivare all’Abbazia di Sant’Antimo è giungere in un luogo che invita al silenzio e alla contemplazione. L’austerità e la semplicità di questa abbazia promanano un fascino indiscutibile, che rievoca una spiritualità antica ed essenziale nel richiamo alla regola di San Benedetto della preghiera e del lavoro manuale.

Le origini del luogo risalgono al 352 d.C., quando un diacono aretino di nome Antimo venne martirizzato in età dioclezianea e sul luogo della sua morte venne eretto un piccolo oratorio. Probabilmente in precedenza qui si trovava una villa romana, i cui resti sono stati ritrovati nei dintorni ed alcuni riutilizzati nella costruzione dell’abbazia.

Capitello della colonna della facciata con leoni monocefali
Capitello della colonna della facciata con leoni monocefali

In epoca longobarda venne edificato, intorno al 770, un primo monastero, capace di dare accoglienza ai tanti pellegrini e viaggiatori diretti a Roma: di tale edificio non è purtroppo rimasto niente.

Si narra anche la leggenda che fa risalire a Carlo Magno la fondazione di Sant’Antimo, come ringraziamento per aver scampato la peste: nel 781 infatti l’imperatore stava tornando da Roma quando il suo esercito venne colto dal morbo.

Un angelo apparso in sogno gli suggerì di utilizzare un’erba – poi chiamata “carolina” – come antidoto alla malattia, e seguendone l’indicazione l’imperatore debellò l’epidemia. Per ringraziare Dio della grazia ricevuta, Carlo Magno fondò l’abbazia (o ricostruì la struttura preesistente) donandole il corpo di Sant’Antimo ricevuto in dono da papa Adriano I.

La facciata e il campanile
La facciata – incompiuta – e il campanile

La leggenda viene in parte confermata dal diploma imperiale del 1051 di Enrico III, in cui si afferma esplicitamente che Sant’Antimo era stato eretta per volere di Carlo Magno. Questa è una delle innumerevoli storie che riguardano il primo imperatore del Sacro Romano Impero, che avevo già incontrato a Sutri.

Il prestigio e la potenza dell’abbazia furono la diretta conseguenza, oltre che della protezione imperiale, anche del rapporto privilegiato con il papato: numerosi pontefici, nel corso del tempo, accordarono a Sant’Antimo privilegi e agevolazioni. L’abate del luogo, che poteva contare su numerose rendite, aveva giurisdizione temporale e spirituale su possedimenti sparsi nei territori di Chiusi, Siena, Lucca, Pistoia, Pisa, Grosseto, Firenze.

La vallata di Sant'Antimo
La vallata di Sant’Antimo

In età ottoniana Sant’Antimo attraversò un periodo di grande prosperità economica grazie al quale venne avviato, tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo, un rinnovamento della chiesa e del monastero: di questo cantiere sono rimasti la sala capitolare, la sagrestia e la cripta sottostante.

Inoltre nel 1118 l’abbazia ricevette la cospicua eredità del conte Bernardo degli Ardengheschi – ricordata da una “charta lapidaria” incisa sui gradini del presbiterio – talmente significativa che l’abate Guidone decise di dare il via a imponenti lavori di ampliamento: chiamò maestranze francesi e italiane, imprimendo all’architettura del complesso un’evidente influenza transalpina che la distingue dalle coeve chiese romaniche.

La navata centrale
La navata centrale

Dopo il suo ampliamento, la comunità visse floridamente i decenni successivi, ma nel corso del Duecento conobbe un lento e inesorabile declino, inizialmente causato dalle intromissioni sempre più consistenti della Repubblica di Siena. Al declino politico fece seguito quello economico, con le rendite finanziarie divenute insufficienti per sostenere le ingenti spese.

Nel 1462 Pio II (di cui ho conosciuto la vita nella Libreria Piccolomini della Cattedrale di Siena) decise di sopprimere l’abbazia incorporandola nel vescovado di Montalcino e Pienza, da lui istituito quell’anno, a causa dello stato di abbandono morale e materiale della comunità.

Maestro di Cabestany, capitello raffigurante Daniele nella fossa dei leoni
Maestro di Cabestany, capitello raffigurante Daniele nella fossa dei leoni

Fra gli elementi notevoli del complesso vi sono senza dubbio quelli che rivelano l’influenza francese, ovvero il deambulatorio con le cappelle radiali, il matroneo con le finestre a bifora, la copertura delle navate laterali con volte a crociera. Inoltre merita particolare attenzione l’opera attribuita al Maestro di Cabestany, un capitello raffigurante Daniele nella fossa dei leoni (sulla seconda colonna di destra a partire dalla facciata), oltre ad altri capitelli di pregevolissima fattura: quello raffigurante una coppia di grifoni, i semicapitelli con tre aquile, con un centauro, con due teste di ariete (nella zona del presbiterio), il capitello con due cani che si rincorrono.

Sempre al Maestro di Cabestany, o a un suo collaboratore, si deve la base per il cero pasquale raffigurante le storie dell’infanzia di Cristo. Nella cripta sottostante l’altare maggiore, ambiente che testimonia l’antichissimo oratorio, un tempo erano custodite le reliquie di Sant’Antimo: l’altare ha la forma di una tomba e venne realizzato con elementi di recupero di una catacomba romana.

Il refettorio e la cucina
Il refettorio e la cucina

Sull’altare maggiore si trova un crocifisso ligneo risalente al XII-XIII secolo, che risente degli influssi della cultura borgognona: ai piedi di quest’opera pregò anche Santa Caterina da Siena, che nel 1377 si trovava a Sant’Antimo per predicare la parola di Dio. In una teca si ammira infine una Madonna lignea del XIII secolo, opera di uno scultore di scuola umbra.

Consiglio di effettuare la visita guidata “La via della luce” che consente di ammirare spazi normalmente chiusi al pubblico come la cappella carolingia, il loggiato superiore, l’appartamento del vescovo, il dormitorio, la sala capitolare, la cripta carolingia. Ha una durata di 30 minuti e parte in questi orari: dal lunedì al sabato ogni mezz’ora dalle 11,00 alle 13,00 e dalle 14,30 alle 17,30. La domenica alle 13,00 e ogni mezz’ora dalle 14,00 alle 17,30. Informazioni al banco dell’accoglienza.

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